La libertà dell’arte distruttiva

Distruggere un’opera dopo averla creata può sembrare un gesto estremo, è vero. Ma la liberazione che ne consegue per un artista non ha eguali.  È ciò che ho fatto poco tempo fa e, prima di darmi del folle, lasciatemi spiegare con calma alcune cose e cosa intendo per ‘libertà dell’arte distruttiva’.

Ok, parto dalla domanda più ovvia postami in circostanze simili: perché lo hai fatto?

La risposta in tutti i casi è sempre la stessa: perché non mi soddisfaceva. Semplice.

Ed è così che con la tipica suspense di Bruno Pizzul in telecronaca, potrei dire che l’articolo finisce qui. Ma il fatto di voler analizzare insieme a voi questo episodio attraverso un articolo ed un reel su Instagram che vi invito a vedere cliccando qui, ha fatto sì che mi ponessi alcune domande, tipo: cosa avviene quando si distrugge un quadro? Dietro questo gesto cosa si nasconde veramente? 

Su tutto, il volersi liberare di giorni fatti di frustrazione in cui ho tentato a tutti i costi di portare un’idea che poi si è rivelata essere sbagliata. Distruggere un’opera diventa un modo per fare pulizia mentale e tutto ciò che ho fatto in modo arrancato, cade sotto i colpi di un martello. 

Opera di Ruben Staiano rotta in più pezzi
La libertà dell’arte distruttiva

Nel momento in cui distruggo qualcosa di cui so con certezza non mi appartiene, libero lo spazio al nuovo, ad una nuova opera. Facendo meglio, con la motivazione giusta. Capendo qualcosa in più.

Se permettete l’analogia, pensate ad un poeta che, non soddisfatto del suo scritto, accartoccia e butta via d’istinto il foglio. Quella apparente rabbia lo sprona a fare di meglio, perché sa che c’è di meglio. E ricomincia  così da capo, su di un pezzo di carta pulito.

Sono sicuro che il fine lo porterà a smettere di scrivere solo quando avrà saputo bene esplicare ciò che provava dentro. 

Foto di Cup of Couple da Pexels

Credo sia questa la potenza liberatoria dell’arte distruttiva: rompere, abbattere per fare spazio al nuovo, la cui esistenza non viene alimentata da una motivazione sbagliata e quindi da una pennellata, nel mio caso, non voluta. 

Distruggere per me è un forte segno dimostrativo di chi è seriamente motivato a cambiare direzione. Tutto ciò che non porta frutto non ha bisogno di esistere ed il nuovo non può essere fatto con il vecchio. 

Quindi, giunti al termine posso dire: a cosa sono servite queste poche righe se non a ricordare a me stesso di rimanere concentrato sull’obiettivo finale e di fare le cose con calma? Ma sopratutto, di fare le cose con la giusta motivazione, perché è questa poi la morte che fanno le mie creazioni? Questo penso sia un principio che vale per tutto e tutti. C’è quindi da rimanere focalizzati, calmi e di buon cuore. 

Spero che questa mia esperienza, possa avervi  in qualche modo aiutati. 

Ah! E non chiedetemi di donarvi  un’opera solo perché destinata alla distruzione. Non potrei sopportare l’idea che qualcosa che non mi rappresenti sia da qualche parte in giro per il mondo. 

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